So che non sono passate nemmeno 24 ore dal risultato elettorale e che di analisi, sui giornali e sui siti online, se ne sono fatte a iosa. Però come Pontinologia non mi sono mai sottratto a capire, in questo periodo, i perché delle questioni relative al centrosinistra. Sempre come Pontinologia mi sono esposto, e non poco, a favore di uno dei candidati in lizza. Nel ‘Perché Pontinologia’ v’ho già promesso (o minacciato?) che questa esperienza durerà fino all’elezione del nuovo sindaco e quindi sento il dovere di continuare a scrivere. Così, per tutti questi motivi, m’avventuro in un’analisi del futuro prossimo. Se è vero che il centrosinistra ha una possibilità, deve stare molto accorta a giocarla. Parto dall’analisi elettorale. Vi posto subito lo specchietto, così da tenerlo d’occhio mentre leggerete il resto.
Claudio Moscardelli – 3279 voti (57,37%)
Giorgio De Marchis – 2431 voti (42,53%)
Votanti 5716. I seggi erano al Centro (55,76% contro 44,24%), Q4 (64,51% contro il 35,49%), Borgo Sabotino (68,28% contro il 31,39%), Borgo San Michele (67,57% contro il 32,43%), Borgo Podgora (66,61% contro il 33,22%), Latina Scalo (30,35% contro il 69,47%), Borgo Grappa (57,14% contro il 49,68%), Piazza Moro (54,17% contro il 45,68%).
Le elezioni sono un fatto aritmetico, soprattutto in una partita a due come quella delle primarie. Chi ha un voto in più dell’altro vince e diventa il candidato a sindaco dell’intera coalizione di centrosinistra, con l’esclusione, mi par di capire dal comunicato di Sciaudone, di Rifondazione e più in generale della sinistra, cosiddetta, antagonista. C’è quindi chi vince e c’è chi perde, c’è un comitato elettorale che festeggia e un’altro che invece beve una birra in compagnia per accettare la sconfitta. L’aritmetica è una delle basi della vita di tutti i giorni, ma, e lo sappiamo bene, non è tutto. Non può essere tutto perché si sta cercando di fare politica, di dare una soluzione ai problemi di questa città, perché il PD non parte certo tra i favoriti. Magari tutto si risolvesse in una semplice addizione o sottrazione. La politica è l’arte della mediazione, dell’analisi della complessità e della capacità di incidere nella realtà.
Così un fatto apparentemente solo aritmetico come le elezioni, diventa un fatto politico. E’ vero che le primarie servono per decidere chi dovrà rappresentare la coalizione davanti all’elettorato di quelle che io chiamo le elezioni ‘vere’ e che invece Marco Fioravante, scherzando, chiama le elezioni ‘secondarie’. Ma sappiamo tutti che non servono soltanto a questo. Sono anche un modo per misurare i rapporti di forza tra due componenti, sono un barometro per capire l’umore del proprio elettorato, sono un punto d’osservazione speciale – che va al di là del partito – per vedere se, all’orizzonte, c’è qualche fenomeno nuovo. I risultati parlano chiaro. Moscardelli supera i 3000 votanti (3279) ottenendo un risultato all’altezza delle – sue – aspettative. I giorni precedenti le primarie, dal suo comitato elettorale, usciva una stima anche più alta, vicina ai 3500 voti. Personalmente credevo che fosse una stima esagerata. Invece ci sono quasi tutti all’appello. Segno di un consenso vasto, trasversale, intergenerazionale. I Rokes cantavano in un’italiano americanizzato che “bisogna saper perdere, non sempre si può vincere”. Già accettare il risultato senza pensare a chissà quali macchinazioni, sarebbe un grande passo in avanti. Non solo per la parte sinistra del PD, ma proprio per l’intera coalizione. E’ anche vero che, pur se la strofa non la cantava nessuno, “si deve anche saper vincere”. E il risultato di De Marchis, con 2431 voti portati a casa con una classe dirigente per lo più giovane e giovanissima, credo sia davvero ottimo. Giorgio non è mai stato consigliere regionale e consigliere provinciale, per sua scelta. In città però è conosciuto e stimato e apprezzato. La sua idea di volersi candidare a fare il sindaco della città non era campata in aria come si sosteneva in molte parti del PD. Non era un capriccio personale. Non era la rivendicazione di una minoranza. Ad oggi, dopo Moscardelli, se c’è un’altra figura di spicco nel PD è proprio De Marchis. Che ha restituito la sinistra a questa città, è riuscito ad avventurarsi in terreni politici sconosciuti ed è oggi in grado di parlare con tutta la popolazione pontina. Da sinistra a destra senza preclusioni e pregiudizi.
Il passo più intelligente che si possa fare dopo le primarie – e mi pare che Moscardelli l’abbia anche detto, subito dopo la vittoria, in compagnia di Forte e Visari – è quello di cercare l’unità. “Ora però dobbiamo unirci e pensare alle elezioni e alla sfida con il centrodestra”, così trovo scritto sul sito Latina24ore.it e la frase è attribuita, proprio col virgolettato, al prossimo candidato a sindaco del centrosinistra. Dichiarazioni simili, penso in una comunicazione congiunta, sono state scritte anche dai due segreterari, provinciale e comunale, a commento delle primarie.
Mi ero dimenticato di scrivere che la politica è anche l’arte del possibile. Ed è facile che parlando e cercando di trovare le giuste alchimie, sui termini ci si intenda poco. Per cui è meglio mettere in chiaro, e subito, che cosa si intenda per unità. Sul Sabatini Coletti il significato appare chiaro: “concordia d’intenti, solidarietà, convergenza tra soggetti diversi o in una realtà composita”. L’unità, quindi, non prevede la resa, condizionata o incondizionata che sia, contempla la diversità e la complessità all’interno di uno stesso gruppo. La concordia d’intenti, è superfluo dirlo ma è sempre bene ricordarlo, è quella di battere il centrodestra. Porre fine ad un dominio che ormai poggiava su basi di argilla, con una classe dirigente che, invece di far diventare quel massiccio consenso una risorsa, l’ha mortificato. E fin qui siamo tutti d’accordo. Ma ci sono anche concetti come solidarietà, convergenza e concordia che mi piacerebbe sottolineare.
A me sembra che la geografia interna al partito, dopo le primarie, non possa essere più la stessa. Ci sono figure emergenti che vanno valorizzate e ci sono due leader, uno di maggioranza e l’altro di minoranza, cioé Moscardelli e De Marchis, che dovrebbero mettersi intorno ad un tavolo e vedere quale programma comune presentare alla città, quale lista comporre, quali alleanze fare. Si prendono i programmi di entrambi e si decide: “questo si, questo no, questo lo modifichiamo di qua, questo lo cambiamo di là”. Sennò, scusate, che le facciamo a fare? Per decidere cosa? Solo chi dovrà essere il candidato a sindaco? Allora non valeva la pena affidarsi ad un bimbumbalegiù? L’esilio di Rifondazione Comunista, di fatto messa fuori dal centrosinistra, è giusto secondo voi che sia stato deciso da un Comitato per le Primarie che, già oggi, non esiste più?
Il centrosinistra dovrebbe riuscire a mettere insieme il 50% + 1 dei voti validi. Visto come sono sempre andate le elezioni a Latina, e visto che i 5700 votanti sono sì il record ma non un risultato da sogno, credo che non si possa lasciare indietro nessuno. Come dice Jack Shepard di Lost: “uniti si vive, da soli si muore”. E vale un po’ per tutti, anche per chi ieri ha vinto le primarie. Quindi, se necessario, l’uno e l’altro si facciano carico di tagliare gli spiriti ultras e cerchino di dar vita ad un ticket (sindaco-vicesindaco, primo-secondo, presidente-vicepresidente, quellochevipareavoi-quellochevoivolete) che possa finalmente unire un partito per troppo tempo lacerato da divisioni sclerotiche.
Quindi spero che Moscardelli faccia seguire, alle importanti dichiarazioni, anche dei comportamenti conseguenti. Sarebbe importante perché darebbe continuità alla speranza che è stata accesa a sinistra. Darebbe forza – e tanta – alla sua candidatura. Probabilmente metterebbe in crisi la destra ancor di più di quanto non lo sia oggi.